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Dal 17 Marzo al 15 Aprile alla galleria VisionQuest di Genova è in mostra la doppia personale “Costruire des Histories” di Carla Iacono e Nicola Vinci. In esposizione i racconti visivi dei due artisti che con approccio diverso, celebrano la potenza evocativa dell’immagine fra trasposizione, capacità introspettiva e psicologica, suggestione ed ironia. Le immagini di Carla Iacono arrivano da “Antiwonderland”, che nasce come progetto per un libro fotografico. L’artista usa personaggi e luoghi ritrovati nel subconscio e la memoria per abbozzare storie che ci raccontano un universo femminile forte e variegato. Le protagoniste sono “presenze” tutte femminili esplicitamente tratte o suggerite dal mondo dell’arte e della letteratura, come Ophelia, la casa di Monet, le bambine di Balthus, la Donna Corvo, la natura suggestiva delle fiabe gotiche. La potenza evocativa della figura femminile è così celebrata attraverso immagini dal sapore fiabesco in cui il subconscio svela paure e desideri, abbandonandosi a una creatività libera e giocosa. In queste immagini spesso un personaggio “sconfina” nel territorio di un altro, in una sorta di contaminazione che segue il filo assolutamente non lineare dell’inconscio, mentre le storie “suggerite” si svelano agli occhi degli spettatori in una sequenza di “associazioni” che ricordano la scrittura automatica dei surrealisti. E cosi in “Dorothy in Iceland” la protagonista del mago di Oz approda in una terra di ghiaccio popolata di animali “umanizzati” che sembrano usciti da una fiaba di Esopo, strizza l’occhio a Shakespeare fino all’immagine finale dove il corvo suggerisce un finale noir. Mentre su tutto aleggia lo spirito di Lewis Carroll. Per Nicola Vinci invece, le immagini appartengono al ciclo dei lavori di “Transfert” e raccontano la sua visione soggettiva di personaggi storici e letterari, politici e religiosi, rappresentandoli attraverso le immagini di luoghi e oggetti che diventano così proiezione di significati e associazioni mentali. “Nelle opere di Vinci paradossalmente l’uomo ritratto non c'è, anche se il titolo si riferisce a lui: l'artista, infatti, gioca sull’assenza e su una serie di rimandi allusivi che rendono chiaro e tangibile ciò che non è visibile, stimolando l’immaginazione e toccando le corde emotive dello spettatore. Attraverso fotografie di interni disabitati, vuoti, decadenti si delineano le caratteristiche dei personaggi e si avvia un processo di identificazione con il contesto rappresentato: ogni stanza è il ritratto di un uomo e i pochi oggetti presenti ne evocano la personalità. L’artista pugliese usa la fotografia, quindi, non come mezzo per riprodurre la realtà che gli sta di fronte così com’è ma per ricrearne una nuova attraverso il filo delle associazioni mentali. Oggetti, luoghi, ambienti diventano qualcos’altro: immagini interiori di una visione propria del personaggio storico.” scrive Ida Tricoli Ed ecco che la cucina fatiscente dai toni rossi e un caminetto al centro diventa la metafora di Heinrich Himmler, Pinochet è un lavandino e una latrina decadente e l’ambiente severo e spogliato dal tempo e dall’incuria la metafora di Pol Pot. Le visioni soggettive dei due artisti portano lo spettatore a guardare le immagini dal loro punto di vista rintracciando nelle presenze “costruite” di Carla Iacono o nei semplici oggetti e ambienti quotidiani disabitati di Nicola Vinci, i significati delle parole e delle immagini e dei cambiamenti delle stesse; non più rappresentazioni ma visioni interiori, simboli che trascendono, che vanno oltre le idee e i concetti.